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Dicembre 2008


Libero arbitrio
(sei mesi dopo)


Settimane silenziose ed ecco che all'improvviso, tac. Due posts (?), uno dietro l'altro che quasi mi stupisco anche io.
Esattamente oggi, dello scorso anno, a quest'ora inviavo un sms e quello, arrivava a destinazione attraversando tutta l'Europa.
Nell'ultimo mese ho mancato (volutamente) di citare eventi importanti della mia vita. Ma chi mi conosce sa che nulla è a caso.
Duemilaeotto, con mesi di interi posts (?) principalmente monotema.
Non li rileggo, non vado a sbirciare, ma a occhio, mi sentirei di dire che più o meno, è così.
E questo la dice tutta.
Lungi da me l'idea di fare analisi e bla bla vari sull'anno ormai in chiusura, ma la butto là, e mi prendo la libertà e lo spazio di dire con certezza che è stato un anno intenso e davvero, non ne cambierei neanche un minuto. Ma proprio niente. Mi terrei tutti i momenti e soprattutto, mi terrei gli sbagli.
Cambiare il corso naturale degli eventi sarebbe un errore catastrofico. Ci sono delle linee che vanno seguite, che si tracciano man mano che si cammina e se la tracci in un modo poi, indietro non ci torni.
Ma se c'è una legge che io amo, è quella del libero arbitrio. Ed ognuno di noi ha il potere di tracciare quella linea a suo piacimento facendo le linee rette e le curve che ritiene necessario.
Se non applichi questa legge, sei morto.
Non è difficile da capire.
Libero arbitrio. Semplice.
Ci sono occasioni che capitano una sola volta nella vita.
Nje here ne jete.
La vita è una soltanto. E non c'è tempo per stare male.
E comunque non so se questo sarà l'ultimo post (?) dell'anno, ma di certo mi andava di buttare giù qualcosa scritto senza troppi ghirigori e senza troppi fiocchetti (che io, di fiocchetti, ne faccio anche troppi). Parole che sono così come vengono, senza cercarle nel cassetto delle belle frasi (che io, di belle frasi, ne dico anche troppe).
E quindi anche i pensieri sono così, sciolti, senza troppe scuse che ti incastrano in vicoli ciechi.
La vita va avanti con delle regole pazzesche che non puoi cambiare.
Io mi ci trovo in mezzo, e con estrema difficoltà, ci provo, mi adatto.
E quest'anno monotema, ha avuto la sua importanza per chi, con me, l'ha vissuto.
E allora l'ho immagazzinato nei miei ricordi, l'ho rinchiuso in questo contenitore web, l'ho raccontato dentro un cd di fotografie e ci ho giocato in una "poesia" in romanesco.
Questo, affinchè tra qualche tempo, se uno ha voglia, possa riviverlo e provare a ricordarsi delle emozioni che sono state. E sorriderci su, senza (possibilmente) troppi rimpianti.
Che a me quest'anno, se proprio la devo dire tutta, mi è piaciuto da morire.
Anzi, mi è piaciuto da impazzire, perchè morire sarebbe stato troppo facile.

29 Dicembre 2008


Niente miracoli

Sto tentando a tutti i costi di fare tardi e di non andare a letto.
Non me lo chiedo neanche io il perchè. Cioè, forse lo so ma non voglio pensarci.
Di fronte a me c'è il televisore. Se ne sta acceso e non fa altro che guardarmi.
Continua a parlare a ridere a giocare e a fare mostri ma tanto io non lo ascolto.
Mi viene in mente me, che all'aeroporto corro come in un film poliziesco con il fiatone e le valige e sono tutto sudato e che sto perdendo l'aereo. Sono sicuro che non ce la faccio, ma poi invece era in ritardo anche lui. E ce la faccio. Non l'ho mai scritta stà cosa, ma è già passato un anno.
Ed un anno fa, scrivevo di babbi natale impossibili.
E guarda te che invece quest'altra cosa, la scrivo. Di quel treno che è passato alla stazione e non si è fermato. Che mi è passato davanti mentre me ne stavo sulla banchina con in mano, la mia valigia piena di mondo. E quello, è passato a tutta velocità senza rallentare senza darmi il tempo di vedere le carrozze, senza lasciarmi neanche un minuto per guardare i passeggeri all'interno, senza darmi la possibilità di tentare.
Io, il viaggio su quel treno ce l'avevo in mente tutto quanto, stazione dopo stazione, biglietti solo andata, ma quello non si è fermato mica, quello è passato e se ne è andato che non mi ha dato il tempo di salirci e nè un motivo per corrergli dietro. Sono rimasto alla stazione, in attesa, sempre con la mia bella valigia piena che dentro, adesso, ci stanno altri dodici mesi. E quello, il treno, ormai se ne è andato ed indietro a prendermi, non può proprio tornarci.
E allora prendo tempo, penso alle cose che ho da fare domani, con il telecomando cambio e salto da una parte all'altra, ma loro, quelli là dentro, sono tutti uguali.
Faccio finta che il tempo sia fermo e sprofondo sempre di più nel mio divano ma so che i minuti scorrono e mi accorgo che mi hanno tradito, ormai mi hanno segnato come una cicatrice che non va più via.
Non ce la faccio a superarmi, mi sento come fossi un bambino capriccioso, ma proprio non ce la faccio a pensare che contro me stesso non posso vincere.
Era tutto ciò che avevo chiesto. Non contro me stesso.
E adesso ci vorrebbe un gol all'ultimo minuto, un biglietto vincente della lotteria comprato il giorno prima all'autogril, una macchina del tempo che ti fa tornare nel passato, adesso ci vorrebbe un miracolo.
Ed io ai miracoli, non ci credo.

27 Dicembre 2008


Senza titolo nè parole

Mi rimbalzano nella mente le parole di mir. Da un pò di giorni le sento che sbattono da una parte all'altra come se cercassero una via d'uscita.
Che via d'uscita poi, non ce n'è.
Vaglielo a spiegare.
Vanno assimilate pian piano, loro rimbalzano prima in modo frenetico, poi con il passare del tempo sempre più lente, fino a fermarsi e a trovare una ragione.
Perchè mir lo sa come sono fatto, lei, da sempre la cura dei miei mali, lo sa come sono fatto.
Mi legge, come un libro di cui già conosce il finale, lei sa ogni volta con chi sta parlando.
Anche adesso, dicevo, anche adesso che guardo le luci sopra di me che si accendono e si spengono ad intermittenza solo perchè io cammino e loro stanno ferme, anche adesso che minuscole gocce mi puntinano il parabrezza che poi mi devo decidere a cambiare stì tergicristalli, insomma anche adesso, le parole di mir ancora le sento nelle orecchie.
Mi sono arrivate così, come una verità che ti stende neanche fossero un gancio dritto al mento.
Sento le dita del cielo che se ne sta un pò triste e che picchiettano sopra di me ed io, che quelle parole, ancora ce l'ho addosso.
Io che metto la prima, io che lascio la frizione e parto, io che accellero e proprio questo mir mi dice di non fare, io che parto, io che arrivo a destinazione io che otto-quattro-cinque-sei ed io che entro, io che spengo il motore. E quelle parole sempre qua, a rimbalzarmi nel cervello. Porcaeva, mir.
Guardo l'ora e anche stanotte mi metto a letto che è già tardi, che domani mattina spengo di nuovo la sveglia, e mi riaddormento. Sono sdraiato che fuori dalla finestra c'è un'aria gelida e come una flebo, lentamente, nel caldo del mio letto, sento le parole di mir che, si stanno fondendo dentro di me, che stanno scorrendo nelle vene che entrano in circolo in tutto il mio corpo ed io, che le assimilo, che sto prendendo coscenza.

18 Dicembre 2008


Numeri primi

Oggi c'era il sole.
Mi arrivava dritto in faccia e la radio intanto passava james blunt proprio in quel momento, proprio quella canzone dove c'è quel nome che non piace a nessuno ed io ero sulla strada ed il sole lì, dritto sulla faccia a darmi la sensazione di un viaggio quasi fosse primavera che poi io ho guardato fuori al finestrino e mi è venuto da sorridere che quasi mi sentivo bene perchè il pensiero del viaggio mi faceva sentire bene.
Che poi cosa ci facevo io su quella strada mica lo so, che anche adesso se ci penso mica lo so perchè me ne andavo bello dritto nella direzione del mare con il sorriso la musica ed il sole sulla faccia.
Che se la radio non passava quella canzone mica stavo lì a pensare, no no me ne sarei andato a fare quello che c'avevo da fare e buonanotte e chi ci pensava alla primavera adesso che siamo a dicembre, ci stavo mica a pensare io, ed invece la sensazione è stata forte e un pò mi sono smarrito in quel pensiero che mi andava di tenere lì in macchina, lì vicino a me a farmi compagnia e a sorridere insieme.
E allora proprio in quell'istante mi sono accorto che il tempo se ne va via troppo veloce, così rapido che io non riesco a stargli dietro, che anche a provarci io non ci riesco a stargli dietro è inutile che mi affanno non ci riesco mica.
E addosso c'ho sempre quella sensazione di non vivere abbastanza, abbastanza per cosa poi, quella sensazione che mi lascia sempre con un vuoto che non so mai bene con che cosa riempire che poi mi chiedo ma perchè ce la devo sempre avere dentro questa cosa che non mi lascia mai, che da quando sono nato non mi lascia solo mai. E allora penso che devo fare qualcosa, mi devo impegnare per non insegnarla mai alla mia compagna stà cosa e mai nemmeno ai miei figli, perchè mica devono essere così, loro. Manco fossero numeri primi.
E comunque, in quel momento devo proprio dirlo, valeva la pena di ricordarlo, in quel momento dicevo, lo ammetto che c'ho pensato, io sono fatto così, d'istinto certe cose le faccio, c'ho pensato e stavo per spingere sull'accelleratore, stavo per spingere, ed invece ho guardato fuori dal finestrino, il sole sulla faccia, io con il sorriso e tutto quanto il resto e allora ho messo la freccia a destra e ho girato.
Ed è andata così.
Che c'avevo delle cose da fare.

"sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie
che uno possa costruirsi"

P.G.

1 Dicembre 2008


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