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Luglio 2010


'80

anche oggi come ieri
la stessa voglia di tenerezza
di una mano che ti accarezza
di una bocca che ti parla con dolcezza
di due occhi languidi e innamorati che ti danno sicurezza
...
perché perdersi è un attimo
e nel tempo di un attimo sei già perduto
superato, doppiato dalla tua stessa vita
...
mi son chiesto anch'io da che parte sto

B. DG.

28 Luglio 2010


Vivere te

Questa è la storia di un omino che corre.
Apre la porta di casa e comincia a correre, attraversa il giardino che ha di fronte. Sorpassa il cancello e continua veloce attraverso la strada, sul marciapiede in mezzo alla gente, fino ad arrivare al parco e lì supera la staccionata e con l'erba sotto i piedi lui, non si ferma, continua a correre, in mezzo ai bambini, in mezzo ai nonni seduti sulle panchine, in mezzo agli alberi che gli corrono accanto, e lui l'omino va, e mentre va, se lo guardi, se riesci a guardarlo attentamente, perché lui corre, mentre lui va, ha un sorriso sulla bocca e sembra che la fatica lui non sappia neanche cosa sia, lui salta e corre che è già arrivato al mare e attraversa la sabbia fino a sentire l'acqua sotto i piedi e lui continua, attraversa l'oceano attraversa isole e continenti, corre e raggiunge l'orizzonte e lì con un salto riesce a toccare il cielo. E lui non si ferma, non si ferma mica, lui con i piedi tocca l'azzurro e continua veloce e salta sulle nuvole e attraversa le case dove le stelle dormono e raggiunge la luna, i pianeti e il sole e poi le galassie, l'universo tutto, lui ci corre attraverso ed il sorriso ce l'ha sempre lì senza perderlo mai, la fatica lui niente, non sa cosa sia, neanche un pò, e va veloce, passa attraverso mondi nuovi e mondi incredibili, raggiunge l'infinito e l'infinito per lui è una porta.
La apre, e continua a correre e attraversa il giardino che ha di fronte. Sorpassa il cancello e continua veloce attraverso la strada, sul marciapiede in mezzo alla gente.
E poi il parco, e poi il mare e l'orizzonte e l'universo, senza fermarsi. Senza fatica.
Ovunque tu sia.

26 luglio 2010


Disquisizioni, parabole e presagi

Ho rotto tutto.
All'improvviso ieri, ho rotto tutto.
È cominciato con la chiavetta del computer. Inciampo sul cavo, quello dell'alimentazione e quella, così come è arrivata, se ne è andata. Alla velocità di settemegabitpuntodue.
Tempo dieci minuti, dico dieci minuti, e decido di farmi un caffè. E quella, la macchinetta nuova, comincia a far uscire di tutto dappertutto, eccetto quello per la quale è pagata, e anche lei, dopo vari sbuffi di vapore ustionante e sinistri ruggiti tipo pressa idraulica, se ne va a raggiungere la chiavetta.
Fanculo il caffè, quindi.
Cambio l'interruttore guasto e la presa elettrica in cucina, ecco cosa faccio, la cambio, il cacciavite mi aiuta a smontare tutto, ma di interruttori nuovi ne avevo a quantità industriali, di prese elettriche nuove, neanche l'ombra. Ma me ne accorgo dopo, ecco dov'è il malinteso.
Il cacciavite mi aiuta a rimontare tutto. Come prima.
Ero indeciso se prendere la macchina ed uscire, dico, stavolta cazzo succede? mi sfracello, uccido una suora sulle strisce, fondo il motore oppure mi va semplicemente bene che magari la macchina neanche parte, non lo so mi dico, poi decido mi faccio forza e vado. E mi salvo, per la cronaca, dopo, torno anche a casa sano e salvo.
Questo è quello che credevo prima di mettermi a letto che poi a letto ci sono andato verso le due per addormentarmi alle sei del mattino che fino alle sei del mattino non ho dormito per il dolore al braccio che se dovessi capire da dove veniva quel dolore vallo a sapere, vallo a sapere da dove veniva, così tutto ad un tratto non riuscivo più a muoverlo che alla fine volevo alzarmi e buttarmi sotto la doccia almeno lavavo via la sensazione di tutti quei sogni che non avevo fatto, tanto lo sapevo già di cosa avrebbero parlato quei sogni, manco a dirlo, tanto lo sapevo già.
Poi, quando è mattina che me ne sto con il bicchiere di latte freddo in mano, mi chiedo come cazzo è successo che la giornata è precipitata così tutto d'un tratto e non ho capito se la caduta libera era dovuta a me che non stavo in piedi o a quello che avevo messo al polso qualche ora prima.
Qualche ora prima.

È nei ritagli ormai del tempo
che penso a quando tu eri qui
era difficile ricordo bene
ma era fantastico provarci insieme.
Ed ora che non mi consolo
guardando una fotografia
mi rendo conto che il tempo vola
e che la vita poi è una sola...

V. R.

1 Luglio 2010


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