Un niente.
Tengo ancora nel portafoglio un...
puf, un niente.
Parole che quando le leggi prendono il volo soffiate via dal vento e le lettere che si scompongono e si perdono nell'aria.
E non si ritrovano più.
L'effetto è un pò questo, quello che mi è capitato oggi, tra le mani.
Che ho pensato di ridurlo in dodicimilioni di pezzi e come coriandoli lanciarli in aria e poi ballarci sotto come un selvaggio in una danza tribale.
Sarà che nelle ultime ore che sono stato con me stesso, ho mangiato marmellata con il cucchiaino che erano le tre di notte, mi son sentito un'isola, mi son sentito freddo senza parole mie.
E poi il rum direttamente dalla bottiglia che sembro un cowboy che se sapessi suonare musica country alla chitarra, sarebbe perfetto.
Ed invece passo da un nutini ad un nonsochì tratto da un film meraviglioso con un titolo intraducibile.
E Julia, che ci penso in continuazione che alle volte diventa reale e va a finire che mi ritrovo a correre dietro al suo aereo.
Che davvero poi, come dice mir, sembra che non ho più niente da dire che in fondo ho scoperto un alter ego che basta con le parole, tanto quelle servono a girare intorno ai luoghi comuni e portare a casa il risultato.
Comincio davvero ad essere una moltitudine che quasi mi perdo in mezzo a tutti.
Che mi sento un ospite negli sguardi di chi ha pianto per me e che al mio sguardo, è adesso, poco più di un luogocomune.
Vorrei poter parlare davanti a quegli occhi, quegli altri, non questi, e tirar fuori tutta l'assurdità che sento.
È come se avessi immaginato la realtà. E come Cassandra, nessuno adesso, che riesce a credermi.
Non trovo niente di più triste.
Niente di più anonimo.
Puf.
...non eri tu che mi dicevi tutte quelle parole
che non capivi e non sapevi dov'eri
ed io chi ero, ah si, io ero il sole,
ne hai dette tante che qualcuna è rimasta tra le lenzuola...
L.C.