Ottobre 2007
Dediche
In questo momento sta piovendo.
Nel senso che se guardo fuori dalla finestra vedo il cielo nero, le nuvole, sento il rumore della pioggia e tutto quanto il resto.
Niente di metaforico insomma.
Circa tre giorni fa me ne stavo come un matto a faccia in sù a prendermela tutta, a saltarci sopra a ballarci sotto a correrci attraverso a riderci su un pò alla Fred Astaire senza l'aiuto di singing in the rain.
Come per dire se mi bagno, sono vivo.
E poi matto per modo di dire! Perchè anche se mi è venuta la febbre, io in questi momenti mi sento vivo veramente.
E mentre la pioggia che veniva giù dal cielo catalano mi ticchettava sulla faccia, pensavo ma guarda te fino a dove sono dovuto scappare.
Ma guarda te fino a dove sono dovuto venire ad ubriacarmi, ad ubriacarmi di sangrilla senza frutta, ad ubriacarmi di docce fredde, di infiniti giri in pullman troppo turistici, di secchiate di pollo fritto e vino bianco, di partite di calcio impossibili nel salone di casa.
E mi sono domandato, in ogni momento, dove è andato a finire tutto quello in cui ho creduto?
Mentre me ne stavo lì davanti alle fontane, che era uno spettacolo troppo bello, mentre me ne stavo lì, io mi chiedevo, ma adesso a te, tutte queste cose, chi te le fa vedere?
E non mi sembra neanche giusto che mi stai addosso ogni momento della mia vita. Bello, brutto, ogni momento, mi stai addosso come un morbo, che se lo racconto a qualcuno, che ne so, tipo a me, se me lo racconto, me lo dico che sono un coglione.
Ma mica come per la storia della pioggia sulla faccia eh? mi sento un coglione perchè nel sudore, nella saliva, sotto le unghie sulla pelle nei vestiti per le strade nell'aria che respiro ed in tutto quello che ho, te, ci sei.
E a volte penso che vorrei essere qualcun'altro, tipo che ne so, un poeta, o essere capace di scrivere una canzone, ma una di quelle canzoni proprio belle, una di quelle che quando le ascolti dici porcaputtana, questa è proprio bella.
Così, questa canzone diventa famosa e tutte le volte che passa alla radio o che qualcuno la canta, dici questa è la mia canzone l'hanno scritta per me.
Pensa te. Questo è il mio modo, l'unico che conosco, per farti del male.
Vabbè, tanto quando uno muore, muore. Cioè, finisce lì, non si sa dove va a finire, non ritorna indietro, la vita non se lo riprende mica, quando uno muore finisce tutto e quello che c'è stato prima non ha più materia, ricordi, solo ricordi, quando uno muore non c'è più e tu, mi dispiace anche un pò per te, tu, solo ricordi.
Quindi scendo dall'aereo, torno a casa sento la pioggia che cade ascolto l'ultimo dei krezip aspetto un angelo che mi ha detto, a mezzanotte, passo a prenderti, prendo un libro e dentro ci leggo una dedica troooppo bella.
Ed è tutto.
30 Ottobre 2007
L'onda
Io sono il guardiano del faro.
Dritto in piedi con il vento sulla faccia ed il rumore del mare nelle orecchie.
Notte. Davanti a me scorgo una macchia lunga e scura che se ne sta ferma, tra la danza delle onde.
E' lì, sulla terraferma che intravedo il tempo che passa.
Alzo lo sguardo e vedo il cielo nero. Niente di buono stanotte.
Io sono il guardiano del faro.
Come uno spettatore rimango fermo a guardarla che scorre, adesso, la mia vita.
In quella macchia scura all'orizzonte, vedo passare i giorni, le persone e i domani che ho davanti ai miei piedi.
E l'onda, dietro di me, come un ruggito, arriva. Si infrange sulla pietra. La sento.
Io sono il guardiano del faro, ed osservo.
E mi vedo camminare lì, in quella macchia scura, lì sulla terra ferma, come fossi rinato, come una fenice, io lì, mi vedo.
E penso che tutto va meglio, che tutti i tasselli, tac tac tac, come in un puzzle, stanno tornando al loro posto.
Mi sento un pò nuovo in mezzo a persone nuove e sono contento che tutto questo, lentamente accada.
Ed un' onda ancora, come un grido, dietro di me, la sento, abbraccia la pietra.
Io sono il guardiano del faro, ed ascolto.
Ci sono persone e verità intorno a me, ed io so.
Un'onda, un'altra, dritta sul faro, mi stordisce.
Allora mi volto e vado a vedere cosa c'è dietro di me.
Giro intorno, e mi fermo.
Dritto in piedi con il vento sulla faccia e gli schizzi delle onde che mi arrivano sulla pelle. Brividi.
E c'è il mare. E' buio, non lo vedo. Ma lo sento.
Costantemente, un'onda dopo l'altra, incessantemente, non si ferma mai.
Io non ti vedo. Ma ci sei.
E allora mi passa per la testa di aprire le braccia e spiccare il volo, di lanciarmi nel vuoto, di cadere giù, di toccare, di bagnarmi di respirare di bere di morirci dentro, il mare.
Chiudo gli occhi per non piangere.
Ed invece sorrido. Lo guardo ancora, non lo vedo, lo sento e sospiro.
Io sono il guardiano del faro.
Mi giro e torno al mio posto. Faccio il mio lavoro.
Luce. E mi oriento.
Poi, scendo, salgo sulla barca e comincio a remare.
Ho acceso il faro e adesso mi indica la direzione giusta. Lì sulla terra ferma, vado a riprendermi il mio tempo.
E l'onda, come un addio, si schianta ancora una volta. Verso me. La sento, forte.
Io continuo a remare e so, che anche dove sto andando, la sentirò.
18 Ottobre 2007